Avreste mai pensato fosse possibile?

L’industria degli elettrodi di grafite è legata strutturalmente a quella del settore dell’acciaio, poiché gli elettrodi sono utilizzati soprattutto dall’elettrosiderurgia, necessari per i forni elettrici, una delle vie di produzione dell’acciaio, l’altra è l’altoforno. L’elettrodo è fondamentale per il processo di fusione, ma l’usura data dall’arco elettrico comporta la necessità di una frequente sostituzione della componente.

Non solo, ma avreste pure pensato che la Cina, anche in questa situazione, fosse un produttore di tutto rispetto e che di conseguenza alla chiusura di molte fabbriche per motivi ambientali ci fossero conseguenze nel resto del mondo?

Questo sì,  la Cina c’entra sempre.

Ciò ha fatto rialzare il prezzo del materiale, vista anche la sua difficile reperibilità.

Eurofer è in allarme ed il suo direttore, Axel Eggert, ha dichiarato che negli ultimi mesi c’è  una scarsa disponibilità di grafite ed un conseguente aumento del prezzo.

Quindi, se la Cina è il maggior produttore di elettrodi di grafite ed in Europa ne vengono consumate 226mila tonnellate, di cui il 60% provenienti dalla Cina,  va da sè che se la Cina restringe le esportazioni ed i produttori di acciaio europei dovranno adottare misure necessarie a far fronte a questa situazione.

Perchè il prezzo degli elettrodi di grafite, nel 2017, è aumentato di dieci volte.

Ma c’è chi la vede in maniera positiva, perchè quando aumentano i prezzi del settore siderurgico, infatti, non aumentano solo quelli di vendita ma anche quelli delle materie prime. «E con i prezzi al rialzo i benefici sono maggiori, infatti le aziende del settore sono tornate a respirare con bilanci decisamente positivi nel 2016, con previsioni positive per il 2017 e ancor di più per il 2018».

Questo il pensiero di Antonio Gozzi, presidente Federacciai.  Ed è tornata anche la febbre da fusioni, come dimostra il matrimonio tra Thyssenkrupp e Tata Steel in Europa. «La fusione viene da lontano, non la legherei alla congiuntura. Ma di certo – conclude Gozzi – le aziende ora valgono anche di più».

 

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